Un pezzo di eternità: Agatha e l’incontro con la morte

Le utime dal diario

La lella
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Lella fin da piccola, ho sempre seguito questo motto: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Credo che la sessualità e l’identità siano elementi soggettivi, tanto che qualsiasi regola non sarebbe mai quella perfetta. Nessuno di noi è solo una cosa e non esiste una definizione che possa andare bene sia per me che per te. A dire il vero, esiste un’etichetta in cui mi sento perfettamente a mio agio ed è proprio l’essere me stessa, perché è fatta su misura per me, racchiude tutto ciò che sono ed è pronta ad accogliere ciò che sarò.

Nel cuore di Marsiglia, ormai ridotta a un silenzioso cimitero a cielo aperto, Agatha Harkness si muove tra le ombre come un’ombra stessa, sfiorando le porte segnate da croci nere. La peste ha divorato la città, lasciando solo cadaveri e muri testimoni di storie interrotte. Per Agatha, però, ogni porta, ogni croce, ogni flebile soffio di vita è un richiamo irresistibile. La morte non le fa paura; anzi, le offre un’inusuale sensazione di sicurezza.

Ogni passo di Agatha è calcolato, ma il suo volto, quello, resta imperturbabile, quasi annoiato dalla visione dei moribondi. C’è qualcosa di inquietante in quella calma: mentre tutti evitano la morte, lei la cerca, ne assapora l’essenza come fosse un bicchiere di buon vino. Ma proprio quando sta per compiere il suo rito su un altro corpo senza vita, avverte una presenza dietro di sé. Non ha bisogno di voltarsi per sapere di chi si tratta. Rio è lì, in piedi nell’ombra, la sua figura avvolta nel mistero e in un sorriso enigmatico.

“Sei sempre qui quando c’è un morto, eh?” mormora Agatha, cercando di suonare più stanca che sorpresa.

“Potrei dire lo stesso di te,” ribatte Rio, avvicinandosi lentamente, con quell’andatura che è al contempo rilassata e pericolosa. Gli occhi di Agatha si stringono, studiando la figura di quella donna che, misteriosa e affascinante, sembra non avere paura di nulla, nemmeno della peste. Anzi, la Morte sembra quasi rifletterglisi addosso, come se non fosse altro che un manto, una seconda pelle.

“Hai intenzione di portarmi via con te, un giorno?” domanda Agatha, con un tono volutamente sarcastico.

Rio ride, una risata bassa che riecheggia tra le pareti della casa. “Chi dice che non lo stia già facendo?”

In quella stanza soffocante, tra il fetore della morte e la tensione crescente, Agatha si sente per un attimo vulnerabile. Non è il tipo da perdersi in sentimentalismi, ma la vicinanza di Rio le fa venire i brividi. Non può ignorare quel richiamo, quell’attrazione che non sa spiegarsi, un misto di paura e desiderio che la spinge a voler sapere di più. Ma sa che è un gioco pericoloso, un gioco di seduzione in cui non esistono vincitori. Eppure, non riesce a tirarsi indietro.

Rio la osserva, con quegli occhi scuri e intensi che sembrano nascondere interi mondi, e sussurra: “Forse un giorno ci sarà davvero solo un pezzo di eternità davanti a noi.”

In quell’istante, Agatha si accorge che il loro legame è più profondo di quanto vorrebbe ammettere.

Rio si ferma a un passo da Agatha, il viso vicino al suo, tanto che Agatha può quasi sentire il calore del respiro della Morte. “Non hai paura di me?” chiede Rio con un sussurro appena udibile, come se temesse che la stessa domanda potesse spezzare l’incantesimo.

“Perché dovrei?” replica Agatha, mantenendo lo sguardo fisso su Rio. È una bugia, e entrambe lo sanno. La paura è lì, nascosta sotto una sottile patina di sfida, come un veleno che attende di essere assaporato. Ma Rio non la espone, non affonda il colpo, anzi, sorride, e per un istante sembra quasi che quella distanza tra loro sia l’unica cosa che le trattenga dal fondersi l’una nell’altra.

“Vedi, Agatha, è il mistero a nutrire la nostra esistenza. Il non sapere cosa ci attende quando ci addentriamo nell’ignoto.” Rio inclina il capo, e per un attimo sembra guardare non Agatha, ma qualcosa oltre, qualcosa di invisibile che solo lei può vedere. “E tu sei uno dei più grandi misteri che abbia mai incontrato.”

Agatha trattiene il respiro. Le parole di Rio si insinuano in lei come un veleno dolce e inebriante. È una strega, certo, abituata ai pericoli e ai rituali, alle sfide della magia e della conoscenza proibita. Ma questo? Questo è diverso. La Morte non è un nemico che possa affrontare con incantesimi o pozioni, né un enigma da risolvere con formule o simboli.

“E quindi?” Agatha tenta di mantenere il tono distaccato, ma sente che la voce le trema, come una fiammella incerta nel vento. “Cosa vuoi, Rio? Vuoi portarmi con te?”

Rio ride, una risata soffusa che riempie l’aria stantia della stanza. “No, Agatha. Non ora. Forse un giorno. Ma per ora… voglio solo guardarti, mentre continui a sfidare ogni legge, ogni regola. È come assistere a una danza di cui non riesci a staccare lo sguardo.”

Le loro mani si avvicinano, senza toccarsi, come due poli di una stessa calamita che non possono mai incontrarsi completamente, ma che non riescono a separarsi. Agatha sente la presenza di Rio come un calore elettrico che le percorre la pelle, un contatto che va oltre la fisicità e la lascia vulnerabile, esposta.

“Ti seguirò, Agatha,” continua Rio, con quel sorriso che è una promessa e una minaccia. “Che tu lo voglia o no. Sarò lì, ogni volta che danzerai con la morte, ogni volta che sfiderai i limiti della vita e della magia. E, chissà, forse un giorno mi inviterai a danzare con te.”

E con un ultimo sguardo enigmatico, Rio si allontana, lasciando Agatha sola, il cuore che batte freneticamente. Sa che quell’incontro ha segnato qualcosa di profondo e indelebile, un legame che va oltre la vita stessa, un pezzo di eternità che lei e Rio condivideranno, volenti o nolenti.

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