La rivoluzione di Legend of Korra: rappresentazioni e censure LGBTQ+ nell’animazione

Le utime dal diario

La lella
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Lella fin da piccola, ho sempre seguito questo motto: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Credo che la sessualità e l’identità siano elementi soggettivi, tanto che qualsiasi regola non sarebbe mai quella perfetta. Nessuno di noi è solo una cosa e non esiste una definizione che possa andare bene sia per me che per te. A dire il vero, esiste un’etichetta in cui mi sento perfettamente a mio agio ed è proprio l’essere me stessa, perché è fatta su misura per me, racchiude tutto ciò che sono ed è pronta ad accogliere ciò che sarò.

Stanotte ho rivisto il finale di Legend of Korra. Per l’ennesima volta, ho provato quella stretta al cuore quando Korra e Asami, mano nella mano, si guardano prima di immergersi nel Mondo degli Spiriti. È una scena che ha fatto la storia nel 2014. Eppure, ripensandoci oggi, mi chiedo: quanto siamo davvero andati avanti da allora?

Dieci anni fa, quel finale aveva spezzato barriere, portando una rappresentazione queer in un contesto che fino a quel momento sembrava irraggiungibile: l’animazione per ragazzi. In un mondo dove persino parlare di due donne che si amano era visto come un rischio enorme, Korra e Asami hanno rappresentato una piccola rivoluzione. Certo, non si sono baciate. Ma quel gesto, quella mano tesa, aveva detto tutto ciò che serviva. Era un grido di libertà sussurrato tra le righe, un passo avanti per chi desiderava sentirsi visto.

Oggi, però, la situazione sembra più complicata. Proprio mentre celebriamo questo anniversario importante, siamo costretti a confrontarci con una realtà disarmante: il ritorno delle censure.

Disney, per esempio, ha recentemente fatto parlare di sé per aver modificato o eliminato contenuti che offrivano una rappresentazione LGBTQ+. Dialoghi cancellati, episodi tagliati, e persino tentativi di “desaturare” scene che avrebbero potuto suggerire una certa chimica tra personaggi dello stesso sesso. L’argomentazione? “Lasciamo che siano i genitori a scegliere quando parlare di certi temi.” Una scusa che sa tanto di compromesso per non infastidire chi preferisce chiudere gli occhi davanti a certe realtà.

Legend of Korra

Ma torniamo a Korra. Nel 2014, quel finale era una speranza, un punto di partenza. Nonostante le critiche sulla sua timidezza, il gesto era significativo: un atto di coraggio in un panorama ancora restio ad affrontare certe verità. Da allora, altri hanno provato a spingersi oltre. Steven Universe, She-Ra and the Princesses of Power, The Owl House: tutte serie che hanno deciso di rendere quel sottotesto un vero e proprio testo, di far evolvere relazioni queer in modo naturale, senza ambiguità.

Eppure, per ogni passo avanti, ce ne sono stati due indietro. Nimona, un piccolo capolavoro, ha rischiato di non vedere mai la luce del giorno dopo l’acquisizione di Fox da parte di Disney. Solo l’intervento di Annapurna Pictures ha salvato il progetto, permettendo a Netflix di pubblicarlo nel 2023, mantenendo intatti i suoi temi queer e la sua forza dirompente. Ma quante altre storie sono state sacrificate sull’altare del profitto o, peggio, della paura?

Oggi viviamo in un clima che sembra riportarci indietro. Tra censure, politiche ostili e una crescente ondata di odio verso le comunità LGBTQ+, il panorama sembra nuovamente ostile. E mentre una nuova generazione si affaccia al mondo, c’è il rischio che le storie che potrebbero rappresentarla vengano annacquate o addirittura cancellate.

Ecco perché ricordare Korra e Asami non è solo un esercizio di nostalgia. È un promemoria di quanto sia importante combattere per la propria rappresentazione, anche quando sembra difficile. Perché le storie hanno un potere immenso: possono far sentire qualcuno meno solo, possono insegnare empatia, possono ispirare.

Alla fine, Korra e Asami non hanno bisogno di baciarsi per comunicare il loro amore. Ma oggi, più che mai, abbiamo bisogno di racconti che non abbiano paura di farlo. Abbiamo bisogno di mondi in cui chiunque possa sentirsi rappresentato, non solo tra le righe, ma a piena voce.

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