Due schermi

Le utime dal diario

La lella
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Lella fin da piccola, ho sempre seguito questo motto: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Credo che la sessualità e l’identità siano elementi soggettivi, tanto che qualsiasi regola non sarebbe mai quella perfetta. Nessuno di noi è solo una cosa e non esiste una definizione che possa andare bene sia per me che per te. A dire il vero, esiste un’etichetta in cui mi sento perfettamente a mio agio ed è proprio l’essere me stessa, perché è fatta su misura per me, racchiude tutto ciò che sono ed è pronta ad accogliere ciò che sarò.

Guardo due schermi. A sinistra, quello che mi propone di scrivere sul libro che “avrei” intenzione di pubblicare, o almeno di far leggere, un giorno. A destra, il mio blog, un angolo di rifugio e libertà. La scelta è ovvia, non trovate? Se state leggendo queste righe, direi che il mistero è svelato.

Questo libro rappresenterebbe il mio sogno, il mio lieto fine. Ma ammettiamolo, è anche un potenziale baratro di spese, perché avrei bisogno di un eccellente correttore di bozze. E il mio italiano? Beh, possiamo definirlo un’opera d’arte astratta. Forse è proprio per questo che ho scelto la via più facile. Non che il libro sarebbe una semplice finzione. No, no. Non oggi, non sono io, e non sarebbe il mio futuro. Un sogno resta un sogno, e io sono l’artista che lo ha creato, ma che si rifiuta di metterlo in mostra.

Negli anni, il mio cuore si è indurito. La vita ha questa strana tendenza a trasformarci in versioni di noi stessi che non avremmo mai voluto diventare. Non voglio più amici, non voglio più nulla. Troppe delusioni, troppe ferite. Se dovessi essere sincera, lavorativamente parlando, sono un drago; sentimentalmente, invece, ho sempre fatto la figura della frana.

Ecco, lo confesso: mia madre ha riempito il suo ruolo in maniera impeccabile. Voleva la figlia perfetta, impassibile, senza ritegno. Beh, l’ha avuta. Quando mi chiedono come sto, la risposta è sempre la stessa: parlo del mio lavoro. Perché esiste SOLO il mio lavoro, come un’ossessione. E i miei amori? Solo i miei cani e gatti hanno una chance di emergere in questa narrazione.

Una settimana fa, mio zio parlava del suo vicino di casa, sempre al telefono, che viveva per lavorare. E oggi mi sono rivista in quella frase. Il mio cane era scappato, e mentre lo cercavo? Ero al telefono con un cliente, ovviamente. È incredibile come si possa perdere di vista ciò che davvero conta, mentre si cerca di tenere a galla la barca del lavoro.

Dovrei rincominciare a vivere. E per me, vivere significa amare. Certo, ci sono donne che mi attraggono, ma non tante. Sono solo alcune: un’attrice, una delle mie ex, e poi c’è la mia responsabile. È troppo bella, non nel senso classico, ma ha un fascino particolare. Quello mediterraneo, per capirci. È tosta, forte. Insomma, è proprio il mio genere. Ma che “genere” potrei avere se non mi lascio mai andare? E poi, vivrà in Spagna. È già tanto se so dire “muchos gracias”.

E conoscerla? Potrebbe non piacermi affatto, e probabilmente è già con qualcuno. O magari è etero, ma ricordiamoci sempre, come si dice a Roma, “sono tutte convertibili”. Insomma, una bruna. Ah, chi mi conosce capirà. Le brune e la loro importanza, un tema che meriterebbe un trattato.

I miei fantasmi vivono a più di 900 km di distanza e, a ben pensarci, è complicato anche a 20. Chiudo il libro, chiudo il secondo schermo e chiudo il mio lieto fine. Ma che fine! La verità è che mi sento come una palombella in balia delle onde. Queste onde che dovrebbero trasportarmi verso il mio sogno, ma che invece mi sbattono a destra e a sinistra, facendomi perdere la rotta.

Rifletto su questa strana sensazione di smarrimento. La vita è un paradosso: da un lato, desidero ardentemente che qualcuno venga a cercarmi, dall’altro, tengo a distanza chiunque tenti di avvicinarsi. La paura di un’altra delusione mi tiene prigioniera, intrappolata in questa gabbia dorata che ho costruito attorno a me.

Eppure, non posso ignorare quel desiderio di amore, di connessione. Ci sono giorni in cui mi sveglio e spero di ricevere un messaggio, un segnale che qualcuno là fuori si preoccupi. Ma poi il razionalismo mi assale, e il cinismo prende il sopravvento. Come se fosse un riflesso difensivo: “Non hai bisogno di nessuno. Sei forte, sei indipendente”.

Ma in questo mondo di certezze apparenti, ci sono momenti in cui la vulnerabilità si fa strada. Quando sei solo con i tuoi pensieri, è impossibile non sentire la solitudine che ti avvolge. È una sensazione che brucia, che ti fa desiderare di essere compresa, di essere vista. E in quelle notti insonni, quando il silenzio pesa come un macigno, mi chiedo se la mia ricerca di indipendenza non stia diventando un modo per nascondere le mie fragilità.

Eppure, il paradosso della vita è che la solitudine può essere liberatoria. In quei momenti in cui decido di prendermi cura di me stessa, di abbracciare i miei difetti e le mie imperfezioni, scopro una forza che non sapevo di avere. Riscopro passioni dimenticate, come la scrittura e la musica, e mi rendo conto che, in fondo, l’amore per me stessa è il primo passo verso qualsiasi altra forma di amore.

Ogni volta che chiudo gli occhi e inizio a suonare il pianoforte, le note si intrecciano come i fili di un arazzo. È un modo per esprimere ciò che non riesco a dire a parole, un modo per dare voce a emozioni che altrimenti rimarrebbero silenziose. È in quei momenti che mi sento viva, che mi ricordo di essere capace di creare bellezza, anche se il mondo intorno a me sembra impazzire.

La vita non smette mai di insegnarci, e ogni giorno porta con sé nuove lezioni. Essere soli non è solo un peso; è anche un’opportunità. È l’occasione di guardarsi dentro, di confrontarsi con le proprie paure e i propri desideri. E mentre navigo attraverso questa tempesta emotiva, mi accorgo che, alla fine, la chiave per affrontare il futuro è accettare il presente.

Certo, ci sono momenti di dolore e di smarrimento, ma ci sono anche momenti di gioia e di scoperta. E mentre chiudo un capitolo e ne apro un altro, mi rendo conto che ogni esperienza, bella o brutta che sia, contribuisce a farmi diventare la persona che sono destinata a essere. Non sono solo le avventure romantiche o le relazioni che definiscono chi sono, ma anche il modo in cui affronto le sfide della vita.

E allora, mentre il sole tramonta e il cielo si tinge di colori caldi, mi sento pronta ad affrontare ciò che verrà. Perché alla fine, la vera forza non risiede nell’assenza di vulnerabilità, ma nella capacità di accoglierla. È nel riconoscere che, anche se la solitudine può sembrare opprimente, è solo un’altra sfumatura dell’esperienza umana.

Chiudo il computer, prendo un respiro profondo e lascio che la musica si diffonda nell’aria. E mentre ascolto le note che danzano intorno a me, mi ricordo che sono qui, viva e pronta a scrivere la mia storia, un giorno alla volta.

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