L'altra metà dell'amore

L’altra metà dell’amore

Categoria: Drammatico Data di Uscita: 21-01-2001 Durata: 103 min Scrittore: Judith Thompson Casa di produzione: Cité-Amérique, Dummett Films Paese: Canada Lingua: Italiana Attori: Regia:
Descrizione:

L’altra metà dell’amore (Lost and Delirious) è un film del 2001 diretto da Léa Pool, basato sul romanzo The Wives of Bath di Susan Swan.

Il film è stato presentato il 21 gennaio 2001 al Sundance Film Festival, ed è uscito nelle sale italiane il 31 maggio 2002. È stato trasmesso per la prima volta su Italia 1 il 15 febbraio 2006.

 

Trama

La giovanissima Mary Bedford, orfana di madre, viene mandata da suo padre in un collegio femminile, probabilmente su richiesta della nuova moglie.

Mary fa la conoscenza di Paulie e Tori, sue compagne di stanza e presto scopre una loro intesa omosessuale, accettandola. Entrambe le compagne condividono un’assenza della figura materna: Paulie abbandonata in tenera età, scrive continuamente alla sua presunta madre naturale, sperando di conoscerla. Victoria dice di odiare la sua, descrivendola come civettuola mantenuta dal marito facoltoso.

L'altra metà dell'amore
L’altra metà dell’amore

Una giorno, facendo jogging nel bosco del collegio, trovano una poiana ferita ed incapace di volare; Paulie decide così di prendersene cura e la poiana diventerà in qualche modo, l’essenza più vera del suo spirito libero e ribelle.

Una mattina Allison, sorella minore di Tori, irrompe nell’alloggio, sorprendendo le due ragazze abbracciate, nude sul letto. Tori sa quel che deve fare, stringe un patto per la vita, sceglie il compromesso per la sua assoluzione, mente a sua sorella Allison, accusando Paulie di averle fatto violenza.

Da lì in poi Paulie si ritrova intrappolata nel binario dell’amore, ad essere investita da vagoni di pene e sofferenze, con la forza di un amore già vissuto e consumato.

Le loro labbra, che si inseguivano come il mare sulla spiaggia morbida, ancora vergine della sua spuma, diventano il ricordo di un addio: Tori non può permettere di essere allontanata dalla sua famiglia di borghesi benpensanti e inizia a frequentarsi con un ragazzo, sotto gli occhi sconfortati di Paulie.

L’amore è. Amare significa trovarsi sul punto più alto e guardare gli altri da lassù e non voler scendere. Perché se ti muovi, cadi…” così Paulie stava cadendo, giù verso il buio, verso una via senza ritorno.

Mentre una mano di tormento si poggiava sul suo capo, isolandola dalla vita, la madre biologica rifiutava di incontrarla. Tutto ciò acuisce ancor di più il suo stato d’animo e il respiro che proveniva da quell’amore che sentiva puro e vero, incomincia a strozzarsi sempre più, per cui decide di sfidare in un duello a scherma il ragazzo di Tori. Paulie combatteva in nome della mano di Tori e col cuore oramai al posto della ragione, gli feriva gravemente la gamba. Raggiunto il culmine della follia, Paulie sale sul tetto del campus e con la poiana al braccio, recita gli ultimi versi d’amore di Shakespeare, cadendo lì, dal punto più alto dell’amore, mentre la poiana, guarita, si alzava in volo e volava via.

 

L’altra metà dell’amore: dove sono i problemi?

L’altra metà dell’amore è troppo didascalico, la regista tende a sottolineare e spiegare davvero troppo. Ad esempio le musiche e il montaggio sono davvero da serie televisiva. Prendere una per tutte la scena in cui c’è il montaggio alternato di Piper fuori dalla stanza e di Victoria a letto, poco tempo dopo essersi lasciate. Sembra di essere dentro Dawson’s Creek, altro che cinema. E l’insistenza con cui si citano passi letterari (sempre gli stessi tra l’altro); e la presenza del giardiniere filosofo; e le scene con ralenti (ancora da resa televisiva); e la metafora un po’ banale del falco che deve volar via. Insomma, c’è un’atmosfera vagamente retorica quasi da telenovela. Senza dimenticare il finale, bellissimo (vedere la frase che ho postato all’inizio) per un verso, ma assolutamente falso e stonato per un altro. Quei visi che guardano su nel cielo dopo il tuffo di Pauline (tra l’altro grosso errore, dato che nell’immagine precedente avevamo visto come sotto non avesse il vuoto ma 10 metri di tetto prima di cadere…) e la voce fuori campo di Mary emozionano sì, ma hanno davvero poco senso. In questo caso la metafora fa troppo a cazzotti con la realtà, quei visi all’insù son davvero troppo forzati. Un buon sceneggiatore avrebbe volto lo sguardo di tutti in basso (dove è successo l’irreparabile) e avrebbe fatto guardare il cielo soltanto a Mary con il suo monologo finale. Sarebbe stata davvero una scena magnifica, guardatelo e ditemi che non avevo ragione.

Pubblicato da La lella
Lella fin da piccola, ho sempre seguito questo motto: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Credo che la sessualità e l’identità siano elementi soggettivi, tanto che qualsiasi regola non sarebbe mai quella perfetta. Nessuno di noi è solo una cosa e non esiste una definizione che possa andare bene sia per me che per te. A dire il vero, esiste un’etichetta in cui mi sento perfettamente a mio agio ed è proprio l’essere me stessa, perché è fatta su misura per me, racchiude tutto ciò che sono ed è pronta ad accogliere ciò che sarò.

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