Non stavo bene in questi giorni. Me lo ripetevo, quasi come una litania, come se farlo mi aiutasse a capire, a sbloccare qualcosa dentro di me. Eppure, guardandomi intorno, non mancava nulla: una compagna eccezionale, Katy, che ogni giorno faceva di tutto per farmi sentire amata. Un lavoro che, finalmente, mi dava soddisfazioni e risultati concreti. E allora perché questo vuoto?
Mi sono ritrovata a pensare a una frase che avevo letto tempo fa: “È deprimente tornare a casa quando non c’è nessuno ad aspettarti”. Ma nel mio caso, non era nemmeno vero. Tornavo a casa e Katy c’era. Sempre. Con il suo sorriso caloroso, le sue attenzioni, quel modo unico di mettermi al centro del suo mondo. Eppure mi sentivo sola, irrimediabilmente sola.
La solitudine in mezzo a tutto
Non è facile spiegare questa sensazione. È come se ci fosse un velo tra me e il resto del mondo, una barriera invisibile che mi impedisce di parlare liberamente, di respirare davvero. Non riesco a dire cosa provo, nemmeno con Katy. Lei prova ad avvicinarsi, a capire, ma io mi chiudo, respingo le sue domande, le sue carezze. Non perché non la ami, ma perché non riesco a mettere ordine in quello che sento.
Mi chiedo spesso se sia il “mal di vivere” di cui parlava Montale, quel senso di inadeguatezza, di insoddisfazione che ti segue ovunque, anche quando hai tutto ciò che pensavi di volere. Forse è proprio questo il punto: pensavo che una relazione stabile e un lavoro appagante mi avrebbero dato la felicità. Ma ora che li ho, scopro che non è così semplice.
Katy: un amore che non basta a salvarmi
Katy è straordinaria. Mi guarda come se fossi la cosa più preziosa al mondo, mi ascolta anche quando non dico nulla di sensato. È paziente, più di quanto io meriti. Eppure, non riesco a lasciarla entrare del tutto. Mi accorgo di quanto mi sento soffocare, non per colpa sua, ma per qualcosa che viene da dentro, qualcosa che non riesco a controllare.
Spesso, quando lei mi abbraccia, mi sento un’estranea nel mio stesso corpo. È come se stessi guardando la scena dall’esterno, incapace di sentire davvero il calore di quel gesto. E questo mi distrugge. Perché vorrei ricambiare il suo amore con la stessa intensità, ma non ci riesco.
Il peso del non detto
Forse è questa incapacità di comunicare che mi sta consumando. Le parole si bloccano in gola, i pensieri si aggrovigliano nella mente, e alla fine resta solo un silenzio pesante, che si accumula giorno dopo giorno. Mi sento in colpa, perché so che Katy merita di più. Merita una persona che sappia condividere con lei non solo i momenti belli, ma anche quelli difficili.
Eppure, ogni volta che provo a parlare, mi fermo. Ho paura di farle male, di deluderla, di mostrarmi per quella che sono davvero: una persona che, nonostante tutto, si sente persa.
Il mal di vivere: una lotta invisibile
Il “mal di vivere” è qualcosa che non si vede, ma che si sente profondamente. È una battaglia quotidiana contro un nemico senza volto, una lotta per trovare un senso, un motivo per alzarsi dal letto ogni mattina.
Non so da dove venga questa sensazione. Forse è il risultato di anni di stress, di aspettative troppo alte, di ferite mai completamente guarite. Forse è solo una fase, una di quelle che tutti attraversano prima o poi. Ma quando ci sei dentro, sembra eterna.
Un passo alla volta
Sto cercando di affrontare tutto questo, un passo alla volta. Non è facile, e spesso mi sento sul punto di crollare. Ma so che devo provarci, non solo per me, ma anche per Katy. Perché lei crede in noi, anche quando io non riesco a farlo.
Ho iniziato a scrivere di nuovo, a mettere nero su bianco quello che provo. Non so se servirà a qualcosa, ma almeno mi dà un modo per sfogarmi, per dare una forma a questa confusione. E poi c’è Katy, che non smette di lottare per noi, anche quando io vorrei solo scappare.
Il futuro che voglio costruire
Non so cosa ci riservi il futuro. So solo che non voglio perdere Katy, e non voglio perdere me stessa. Voglio trovare un equilibrio, un modo per essere felice con lei e con me stessa. Sarà una strada lunga e difficile, ma credo che valga la pena percorrerla.
Perché alla fine, non importa quanto il mal di vivere possa essere soffocante. C’è sempre una luce, una speranza, un motivo per continuare a lottare. E per me, quella speranza ha il sorriso di Katy.