Sono settimane strane. Complicate. Confusionarie. Ma forse, e sottolineo forse, sto finalmente vedendo un po’ di luce in fondo al tunnel. Il che non vuol dire che sia la fine del tunnel, eh. Solo che ho trovato una torcia. Magari fioca, ma c’è.
Tutto è iniziato con quello che ormai considero un hobby: andare al pronto soccorso per sentirmi dire che è tutto nella mia testa. Del resto, vuoi mettere il privilegio di ricevere consigli illuminanti come “devi solo ricordarti di andare in bagno”? Perché ovviamente, se soffri di problemi digestivi e dolori atroci, il primo pensiero è che tu ti sia semplicemente dimenticata di… beh, espletare i tuoi bisogni fisiologici. Perché no? Magari me lo segno sull’agenda.

Un esperimento culinario che cambia tutto
Per un caso di puro autolesionismo, recentemente ho deciso di tentare una dieta senza glutine. Niente pane, niente pasta, niente pizza. L’equivalente di una tragedia greca, insomma. Ma ecco la sorpresa: in pochissimi giorni mi sono sentita benissimo. La mia pancia, che fino ad allora sembrava un palloncino aerostatico, si sgonfia. L’energia torna. Il transito intestinale riprende un ritmo più sincronizzato di una coreografia di Broadway. Inizio a pensare che forse, forse, il problema potrebbe essere quello.
E poi arriva giovedì.
Bagno, polipi e crolli esistenziali
Mattinata da Oscar: ecografia e prelievo del sangue. Il responso? Polipi alla cistifellea e all’utero. Come dire: perché accontentarsi di un solo problema quando puoi avere un pacchetto completo? Il referto delle analisi non lo capisco fino in fondo, ma niente sembra lampeggiare di rosso fosforescente. Intanto, lo sconforto cresce.
Ecco quindi che, la sera stessa, decidiamo di distrarci uscendo con degli amici. Tutto perfetto, aperitivo compreso, sebbene abbia osato un po’ troppo col salame. Ma la vera trappola mortale arriva col piatto principale: ravioli al forno.
Trenta minuti dopo, ecco il patatrac.
Un mal di pancia tale da far invidia a un attacco alieno in un film di fantascienza. Sudore freddo, senso di nausea e un unico desiderio: implorare pietà. Mi trascino a letto sperando che un po’ di paracetamolo possa salvarmi.
Ma all’una di notte, il mio corpo decide che il dolore atroce non era ancora abbastanza teatrale. Mi sveglio sentendomi come se stessi morendo. Corro in bagno, sperando che la natura faccia il suo corso, ma niente.
Niente.
Né pipì, né altro. Il panico totale. Mi risiedo, respiro, cerco di calmarmi, ma ormai la sensazione di terrore mi ha afferrata alla gola. Torno a letto e… BUM.
Sono svenuta.
Ora, io non so esattamente quanto tempo sia passato, ma quello che so è che quando ho riaperto gli occhi, mi sentivo come se fossi appena tornata da un viaggio astrale. Con la differenza che non ho visto nessuna luce in fondo al tunnel, ma solo Katy che mi guardava allarmata. Il mio primo pensiero? Chiama un’ambulanza! Ma ovviamente Katy non l’ha fatto. Ora che ci penso, dovrei chiederle perché.
Dopo quell’esperienza ai limiti dell’esoterico, finalmente il mio corpo decide di darmi un po’ di tregua. Riesco ad andare in bagno e, come per magia, il dolore inizia a svanire. Ma ormai la mia paranoia ha preso il sopravvento.
Intolleranza al glutine o… qualcos’altro?
Ora, ho un sospetto che mi sta rosicchiando il cervello: celiachia. O quantomeno un’intolleranza grave al glutine. Il che mi farebbe anche ridere se non fosse che ho passato gli ultimi anni a ingurgitare ogni forma possibile di carboidrato senza mai capire che forse, proprio forse, era quello il problema.
Quello che mi fa infuriare è un altro dettaglio: per capirlo, ho dovuto affidarmi a Google. Perché nessun medico, in anni e anni di sintomi che coincidevano perfettamente, ha mai pensato di suggerirmi un semplice test per la celiachia? Davvero, a cosa servono gli specialisti se alla fine dobbiamo diagnosticarci da sole?
Il paradosso della medicina moderna
Mi fa impazzire questa cosa. Ho passato anni a sentirmi dire che i miei problemi erano “nella mia testa”, che ero “troppo stressata” o che “bastava bere più acqua”. Nessuno ha mai approfondito. Nessuno ha mai preso sul serio quello che dicevo. E invece bastava un piccolo test, una semplice intuizione.
Ora, ovviamente non ho ancora una diagnosi ufficiale. Dovrò farmi prescrivere gli esami giusti, vedere un medico (magari uno che abbia voglia di fare il proprio lavoro), e probabilmente cambiare radicalmente alimentazione. Ma almeno, per la prima volta, ho una pista concreta.

E quindi?
Quindi eccomi qui. Più consapevole, meno gonfia e con la vaga impressione che, alla fine, la scienza la facciano meglio i forum di internet che certi luminari della medicina.
Cosa farò adesso? Aspetterò le analisi, nel frattempo eviterò il glutine come se fosse una maledizione medievale e incrocerò le dita. Se davvero è celiachia, almeno avrò la scusa perfetta per evitare le lasagne alle cene di famiglia senza sentirmi in colpa.
E chissà, magari è davvero la fine del tunnel. O quantomeno, l’inizio di un nuovo capitolo in cui non rischio di svenire ogni volta che mangio un pezzo di pane.
Ah, e un consiglio: se mai vi troverete in una situazione simile, fatevi un favore. Fidatevi più di Google che di certe diagnosi superficiali. Vi potrebbe letteralmente salvare la vita.