Una volta le insegnanti delle elementari mi hanno fatto fare un giochino: prendere una parola e descriverne le emozioni del momento.
Oggi ho scelto la paura, perché alle 20.00 di questa sera ci sarà il momento della verità: il faccia a faccia definitivo.
È tutto così confuso, così poco improbabile. Ha detto ridendo “è una cosa passeggera”, poi però è diventata ancora più fragile ed insicura.
È nato tutto così, dal nulla, e l’età fa la giusta differenza per abbassare le braccia e dire: “non lo possiamo fare”.
Eppure. La mia paura è quella di non farcela, la mia paura è quella che mi porterà ad amarla, a soffrire, a vivere una situazione che sola non posso gestire.
Ripercorrendo queste settimane che ci hanno portato al delirio totale, mi rendo conto che il tutto è nato a causa del concerto nel suo bar. Certo, l’avevo notata fin dal primo giorno, ma ho sempre evitato di frequentare il locale dopo che mia cugina ha detto “è fidanzata da dieci anni”.
Dieci anni. E io le ho provocato un tale turbamento? Io, che non sono nessuno e non ho niente da offrire?
Il mio errore è stato quello di concederle spago, di conoscerla, di innamorarmene. Rido. Quattordici anni di differenza, è troppo. Eppure, siamo affini.
Penso che nessuna, prima d’ora, mi abbia mai capito in questo modo, che riesca a tenere una conversazione per ore, che abbia un sorriso così magnifico e dotata di una grande nobiltà d’animo.
La paura. Perché ho trovato qualcuno di adatto, ma che non potrò mai avere, e, di, conseguenza, trionferà la parola rassegnazione.