Tra il vuoto e la rinascita: riflessioni di una lella in cerca di pace

Le utime dal diario

La lella
La lellahttps://www.diariodiunalella.it
Lella fin da piccola, ho sempre seguito questo motto: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Credo che la sessualità e l’identità siano elementi soggettivi, tanto che qualsiasi regola non sarebbe mai quella perfetta. Nessuno di noi è solo una cosa e non esiste una definizione che possa andare bene sia per me che per te. A dire il vero, esiste un’etichetta in cui mi sento perfettamente a mio agio ed è proprio l’essere me stessa, perché è fatta su misura per me, racchiude tutto ciò che sono ed è pronta ad accogliere ciò che sarò.

C’è un momento in cui ti siedi davanti al tuo computer, la pagina bianca del blog aperta, e senti che il mondo ti guarda. Non perché tu sia il centro dell’universo, sia chiaro, ma perché è come se il cursore lampeggiante sulla pagina sapesse che stai cercando di scappare da qualcosa. E invece di rifugiarmi in Silent Hill 2 (perché affrontare mostri virtuali a volte è molto più semplice che affrontare quelli interiori), mi sono detta: Scrivi, magari capisci cosa ti tormenta.

Quando il vuoto si maschera da routine perfetta

Quest’anno, se guardo la mia vita dall’esterno, non mi manca nulla. Ho una casa che amo, una compagna fantastica (che sopporta i miei alti e bassi, cosa non da poco), degli amici, un lavoro soddisfacente, e persino gli animali domestici che, diciamolo, sono la versione pelosa del “cosa faresti senza di me?”. Ho persino ripreso a praticare judo, e se non è un segnale di rinascita questo, allora non so cosa lo sia.

Eppure… quel famoso vuoto dentro di me, che vive lì come un coinquilino non pagante, non se ne va. Lo sento nei momenti più strani, tipo mentre faccio la spesa o mentre guardo le notifiche del blog. È come un’eco lontana che ti ricorda che, per quanto tu abbia costruito, c’è qualcosa che manca.

La malinconia delle feste

Stamattina ho capito che le vacanze accentuano tutto questo. È il periodo in cui mi manca di più mia madre. Non che non ci sia per me, anzi, ma è come se sentissi una distanza che non riesco a colmare del tutto. E poi c’è la questione di mio padre, o meglio, della sua assenza.

Non ho un padre “tradizionale”. Non nel senso che è alternativo o fuori dagli schemi, ma nel senso che non c’è proprio. Letteralmente. Non gliene importa dei suoi figli, e questo è un fatto. Certo, lo capisco. Capisco il suo dolore, le sue scelte, il perché di alcune cose. L’ho perdonato, sul serio. Ma come fai a colmare anni di silenzi? Come fai a costruire un ponte quando dall’altra parte non c’è nessuno disposto a posare la prima trave?

La lotta contro un nemico invisibile

Nonostante tutto, sono fiera di quello che ho costruito. Dodici anni fa, ho lasciato l’Italia per reinventarmi. Ho fatto tutto da sola, e non è stato facile. Sono riuscita a costruirmi una vita, a ritagliarmi un posto nel mondo. E so di essere fortunata. Ma questa tristezza di fondo, questa sensazione di vuoto che a volte mi travolge, è come un ospite indesiderato che non vuole andarsene.

È strano, perché non è sempre lì. A volte sto bene. Ho smesso di bere, faccio sport, sono più calma. Insomma, le basi per essere felice ci sono tutte. Eppure, ogni tanto, arrivano quegli attacchi di panico che ti prendono all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno.

La domanda senza risposta

E allora mi chiedo: perché? Perché questi momenti arrivano anche quando tutto sembra andare bene? È il passato che bussa alla porta? È la paura di perdere ciò che ho costruito? O è semplicemente una parte di me che non riesce a trovare pace?

Non ho una risposta. Forse non c’è una risposta unica. Forse è solo una questione di accettare che certe ferite non si chiudono mai del tutto, che certe mancanze non si colmano, ma si impara a conviverci.

Scrivere per capire

Scrivere mi aiuta. Mettere nero su bianco i pensieri è il mio modo di dare un senso al caos dentro di me. È terapeutico, anche quando non porta a una soluzione immediata. È un dialogo con me stessa, una sorta di autoterapia che mi permette di guardare le cose da una prospettiva diversa.

E mentre scrivo, mi rendo conto che non devo per forza trovare tutte le risposte subito. La felicità non è un obiettivo da raggiungere una volta per tutte, ma un percorso fatto di piccoli passi, di momenti buoni e meno buoni, di conquiste e ricadute.

Il viaggio continua

Forse il vuoto che sento non è qualcosa da eliminare, ma da capire. Forse fa parte di me, del mio essere umana, con tutte le contraddizioni e le fragilità che questo comporta.

E ora, dopo aver svuotato un po’ la testa su questa pagina, credo sia il momento di immergermi in Silent Hill 2. Perché a volte, affrontare i mostri virtuali può insegnarti qualcosa sui tuoi mostri interiori. E poi, diciamocelo, nessuno resiste a un po’ di sano escapismo digitale.

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