Nel 1813, mentre l’America Latina si sveglia in un tumulto di cambiamenti, rivoluzioni e ambizioni di libertà, le antiche streghe come Agatha e Rio si trovano ad assistere, e a partecipare, a questa svolta storica con un misto di curiosità e cautela. È una terra dove nuovi poteri stanno emergendo e vecchi segreti stanno riaffiorando, un continente vivo di tensioni e di misteri da svelare, e le due streghe lo percepiscono profondamente. Lontane dall’Europa e dai suoi inquisitori, qui devono imparare a destreggiarsi tra governatori, rivoluzionari e capi indigeni, ognuno con le proprie ambizioni e il proprio linguaggio.
Quella sera, il silenzio della stanza è spezzato solo dal crepitio delle candele che danzano lievi, avvolgendo Agatha e Rio in un’atmosfera intima e raccolta. Sul tavolo, un mucchio di fogli pieni di scarabocchi e tentativi falliti di pronuncia si accumula come i resti di una battaglia linguistica. Agatha, con un’aria beffarda, si accoccola contro Rio, giocando distrattamente con i suoi capelli.
Rio sospira, visibilmente divertita, e appoggia la schiena allo schienale della sedia, mantenendo un’espressione di calma forzata. “Dillo con me: Buenas tardes.”
Agatha lo ripete trascinando ogni sillaba, come se pronunciare quelle parole fosse uno sforzo sovrumano. “Buenas… tardes,” sbuffa, con un tono che rende chiaro quanto trovi tutto ciò inutilmente complicato.
“Va meglio, ma… meno esitazione, tesoro,” la incoraggia Rio con un sorriso malizioso. “Se vuoi che i nobili spagnoli ti ascoltino, devi dirlo con un po’ più di… convinzione.”
Agatha alza gli occhi al cielo, fingendo un’immensa noia. Poi solleva il mento e allarga le braccia in un gesto teatrale. “E in che modo esattamente potrebbe servirmi tutto questo? Gli spagnoli parlano tanto quanto gesticolano. Capisco già cosa pensano solo guardandoli.”
Rio solleva un sopracciglio, il sorriso giocoso non le lascia il viso. “Non dire così… tu gesticoli quanto loro. Non l’hai mai notato?”
“Taci,” ribatte Agatha, divertita ma pungente.
Rio non demorde, con il suo tono fermo e paziente. “E se un governatore decidesse di rivelarti qualche segreto in spagnolo? O un capo indigeno volesse negoziare nella sua lingua? Avanti, Agatha, una strega che non conosce la lingua del Nuovo Mondo perderebbe influenza.”
Agatha si raddrizza, colpita nell’orgoglio, e fissa i fogli davanti a sé, decisa a migliorare. “D’accordo, niente scorciatoie.”
“Perfetto. Allora, cosa diresti per ‘Voglio la tua anima’?” Rio ride sotto i baffi, cercando di nascondere la propria ironia.
“Molto delicato, come sempre,” borbotta Agatha con sarcasmo, cercando di mascherare il suo sforzo. “Facciamo un po’ più facile, per favore?” Alza gli occhi, visibilmente scocciata. “Ripeti con me: Hola, ¿cómo estás?”
“Hola… ¿cómo estás?” ripete Agatha, cercando di mantenere un tono neutro, ma inciampando immediatamente sulla prima parola.
Rio scoppia a ridere, il suo sorriso si fa più largo. “Non esattamente. Riprova, senza distruggere l’accento, se ci riesci.”
Agatha fa una smorfia, ma si concentra di nuovo. “Hola, cómo est… estás?” Finalmente pronuncia correttamente, anche se il tono tradisce una lieve esasperazione.
Rio annuisce, visibilmente incoraggiata. “Quasi perfetto. Ora, se ti chiedessi ‘¿De dónde eres?’, cosa risponderesti?”
Agatha corruga la fronte, cercando di ricordare. “¿De dónde eres? Hmmm…”
“Non male, ma prova a dare una piccola vibrazione alla ‘r’,” suggerisce Rio, con un sorriso malizioso. “Così, per dimostrare che un po’ di flamenco ti scorre nelle vene.”
“Flamenco?” Agatha solleva un sopracciglio, divertita ma chiaramente frustrata. “Se devo ballare per farmi capire…”
“Esattamente,” risponde Rio ridendo. “Un tocco di calore non guasterebbe.”
Agatha assume un’espressione seria, anche se Rio percepisce una sfumatura di irritazione sotto quella calma apparente. “¿De dónde er…?” Si blocca di nuovo, esausta. “Sul serio devo avvolgere la lingua intorno a ogni sillaba?”
Rio la osserva, divertita ma compiaciuta dei suoi tentativi. “Non è così difficile. Lo spagnolo è una lingua musicale, Agatha. Se non metti un po’ di impegno, non verrà mai fuori nel modo giusto.”
Agatha, ormai esasperata, si lascia andare contro la sedia, incrociando le braccia in un gesto ostinato. “Va bene, allora… io… sono… qui. Questo è tutto?”
Rio scuote la testa, indecisa se ridere o esortarla a provare ancora.
Agatha si accascia sulla sedia, scuotendo la testa con una teatralità eccessiva, mentre Rio la osserva con un sorriso che mescola ironia e complicità.
“È così, mia adorata strega: la passione è il segreto per una buona pronuncia,” sussurra Rio, abbassando appena il tono, come se rivelasse un antico incantesimo. Si sporge leggermente verso di lei, il volto quasi nascosto dalla fiamma tremolante delle candele. “Devi lasciarti andare, Agatha. Non puoi limitarti a dire le parole. Devi sentirle.”
Agatha, sollevando un sopracciglio, si ritrae un po’ e la guarda con uno sguardo di finta perplessità. “Lasciarmi andare?” ripete, il tono pieno di un ironico scetticismo. “Pensi che io abbia bisogno di sentire qualcosa per far sì che funzioni?”
Rio ride sommessamente, accarezzando una ciocca dei capelli scuri di Agatha tra le dita, lasciandola poi scivolare lentamente. “Sì, credo di sì,” risponde con un filo di voce. “La tua magia è potente, Agatha, ma ti manca… quel pizzico di passione.”
Agatha inclina la testa, le labbra appena increspate in un sorriso compiaciuto. “Oh, certo, perché dovrei imparare dalla mia affascinante guida spirituale l’arte della passione?” Le sue dita sfiorano le mani di Rio, con fare distratto, ma intenzionale.
Rio non cede allo scherzo. Al contrario, intreccia le dita con quelle di Agatha, tenendo stretto il suo sguardo. “Forse potresti, sì.” La sua voce è una carezza, l’intensità nello sguardo persiste come se volesse scavare oltre le battute, oltre la facciata, fino a un’intimità che Agatha si sforza di mascherare dietro i suoi sorrisi sicuri.
“Vuoi dire che non c’è abbastanza passione in me?” Agatha si avvicina ancora di più, il tono basso e il sorriso malizioso, ma gli occhi le brillano di una fiamma quasi visibile.
Rio inclina il capo, come a valutare il potenziale nascosto dietro quella facciata di provocazione. “Potrei dire che sei piena di potere, cara mia, ma la passione…” fa una pausa, lasciando che le parole sospese evochino qualcosa di più profondo.
Agatha trattiene un sorriso, lasciando che Rio le sfiori le dita con il pollice, lento, attento. “La passione… Si dà il caso che di passione io ne sia colma, Rio. E sono sicura che potrei insegnare a chiunque, persino a te, un paio di cose.” Fa scivolare il suo pollice sulla mano di Rio, un tocco appena percettibile, ma pieno di una promessa celata.
Rio sorride, inclinando il capo. “Mi piacerebbe vederlo, allora,” risponde, la sua voce morbida, con una sfumatura di provocazione. “Ma non a parole, Agatha.”
Con una finta aria di rassegnazione, Agatha le lancia un’occhiata. “Va bene. Fammi un po’ di spazio.” Si raddrizza, schiarendosi la gola come se stesse per recitare una delle sue formule.
Rio osserva attentamente, un sorriso curioso sulle labbra. “Vediamo cosa sai fare, mia cara,” dice piano, mantenendo uno sguardo fermo e deciso, pronta ad accogliere qualunque cosa Agatha decida di mettere in gioco.
La strega si schiarisce la voce, ma invece di pronunciare la frase di rito, si avvicina a Rio, il viso a pochi centimetri dal suo. “Se proprio vuoi vedere la passione, temo che questo tavolo e quelle parole non bastino,” sussurra con un tono che è quasi un respiro. Le dita scivolano appena sotto il mento di Rio, inclinandole il viso in modo che i loro sguardi si incontrino.
Rio non distoglie lo sguardo, il sorriso si fa più dolce, più complice. “Forse è proprio così,” mormora. Poi, con un movimento lento, intreccia nuovamente le dita a quelle di Agatha, e la osserva con la dolcezza di chi sa che ci sono parole che non hanno bisogno di essere pronunciate.