Un festino d’ombre: Agatha e Rio nel cuore del conflitto

Le utime dal diario

La lella
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Lella fin da piccola, ho sempre seguito questo motto: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Credo che la sessualità e l’identità siano elementi soggettivi, tanto che qualsiasi regola non sarebbe mai quella perfetta. Nessuno di noi è solo una cosa e non esiste una definizione che possa andare bene sia per me che per te. A dire il vero, esiste un’etichetta in cui mi sento perfettamente a mio agio ed è proprio l’essere me stessa, perché è fatta su misura per me, racchiude tutto ciò che sono ed è pronta ad accogliere ciò che sarò.

La cabina della nave sembrava l’ultimo posto al mondo in cui Agatha si sarebbe aspettata di finire con Rio, eppure il caso – o il destino – aveva voluto altrimenti. Lì dentro, il suono ovattato delle onde che si infrangevano contro lo scafo li isolava dal resto del mondo, come se quella cabina non fosse altro che un palcoscenico privato per il loro teatro di passioni irrisolte e verità mai confessate.

Erano lì perché Agatha aveva, deliberatamente, orchestrato il caos della nave. Con una scusa leggera – il desiderio di attrarre Rio nel suo mondo e metterla alla prova, come se il loro incontro potesse essere davvero qualcosa di banale. Ma Rio sapeva troppo bene leggere tra le righe, e ogni volta che Agatha cercava di mascherare i propri veri motivi dietro sarcasmo e arroganza, Rio li vedeva in piena luce, come se potesse sollevare il velo scuro delle intenzioni di Agatha senza nemmeno provarci.

“Ti sei decisa, dunque,” mormora Agatha, accennando un sorriso che non è altro che una maschera, quasi sfidando Rio a metterla alla prova.

Rio inclina appena la testa, un movimento quasi impercettibile, ma che contiene una promessa e una sfida. “La mia pazienza non è infinita, Agatha,” risponde con una voce bassa e misurata, lasciando che le parole cadano nello spazio tra loro come gocce d’acqua nel mare in tempesta.

Per un istante, il mondo esterno sembra svanire, e nella cabina rimangono solo loro due, circondate da uno strano senso di intimità che Agatha finge di disprezzare, eppure non riesce a evitare. La tensione tra di loro non è mai stata così palpabile, un filo teso sul punto di spezzarsi.

“Dimmi, Agatha,” sussurra Rio mentre si avvicina, “quando finirai di giocare con il fuoco?”

Agatha si ritrae appena, ma non cede del tutto, perché sa che la verità – quella verità dolorosa e ineluttabile – non è qualcosa che Rio possa semplicemente leggere in lei. “Perché dovrei smettere? Non siamo forse fatte di ombre e fiamme, tu ed io?”

Rio osserva la sua risposta con quella calma che Agatha invidia e teme allo stesso tempo. Sa che Rio ha il potere di metterla a nudo con poche parole, di fare emergere parti di sé che ha sempre cercato di reprimere. Il controllo, quello che tanto ama, sembra scivolarle tra le dita, ma non può fare altro che abbandonarsi a quel sottile gioco di provocazioni.

“Mi conosci troppo bene, Rio,” confessa infine, lasciando che un leggero tremito le incrini la voce, “ed è questo che mi spaventa.”

Rio la guarda, e per la prima volta, c’è qualcosa nei suoi occhi che non è solo comprensione, ma anche vulnerabilità. Agatha si rende conto, con un misto di terrore e sollievo, che anche Rio ha le sue paure, le sue incertezze. Forse, in fondo, entrambe sono intrappolati nello stesso abisso, in cerca di un’uscita che non possono trovare da sole.

“È il momento di lasciare andare l’oscurità, Agatha,” mormora Rio, la sua voce un sussurro carico di promessa. “Lasciamola affondare qui, insieme alla nave.”

Mentre il peso della proposta di Rio si depositava su di lei, Agatha si sentiva come intrappolata in una morsa invisibile. Sapeva che le parole di Rio portavano un’onestà cruda e innegabile, qualcosa che il suo stesso cuore aveva celato per troppo tempo. Tuttavia, quel passo verso l’abbandono dell’oscurità, verso il lasciar andare ciò che la consumava, le appariva un’impresa titanica.

E in quell’istante, la cabina sembrava restringersi, avvolgendole in un’ombra densa e tremolante, riflessa dall’acqua che le circondava. Era lì, nel silenzio carico, che si trovavano faccia a faccia, il peso delle loro vite e dei segreti finalmente esplorato e forse, per la prima volta, sul punto di sciogliersi.

“Non correrei, non in queste calze umide,” sussurrò Agatha, godendo della presenza di Rio, vicina al punto da farle perdere la consueta sicurezza. La tensione tra di loro è palpabile, ogni gesto carico di desiderio represso e di emozioni irrisolte. Quando le dita di Rio sfiorano il collo di Agatha, lei trattiene un sospiro, consapevole del fascino e della familiarità che quell’intimità trasmette.

“Sapevo che avresti ceduto,” provoca Agatha, ma Rio resta in silenzio, rispondendo solo con una carezza sulla vita di Agatha, attirandola a sé in un abbraccio tanto delicato quanto pericoloso. Quell’attimo di vicinanza le lascia senza respiro, ma anche con un senso di vulnerabilità che raramente Agatha si permette di sentire.

Rio, però, rompe l’incantesimo, rivelando a parole quello che Agatha nasconde dietro sarcasmo e arroganza: “Lo fai per tenere il controllo, per non affrontare ciò che hai perso…” Ma Agatha si ribella, tentando di sottrarsi al suo sguardo penetrante.

“No, non sai nulla di me!” sbotta, ma le parole di Rio l’hanno colpita più di quanto vorrebbe ammettere. Alla fine, il suo tono si abbassa: “Tutta questa distruzione… era per te.”

Quella frase resta sospesa nell’aria, il silenzio tra loro parla di ferite e cicatrici. Con un tocco gentile, Rio suggerisce una via d’uscita, un invito a lasciare le tenebre e ricominciare. È un attimo di intesa, un’offerta di redenzione che Agatha non sa ancora se potrà accettare, ma che le dà un barlume di speranza, un respiro tra le ombre.

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